Da punto debole a giocatore essenziale. Per le 7 finali in campo 11 Mario Rui

Molti tifosi del Napoli, comsiderando Mario Rui, terzino portoghese del Napoli l'anello debole della difesa azzurra. Un giocstore non all'altezza di una squadra che ha ambizioni da scudetto o da Champions League. Invece, sul campo, con prestazioni sempre più che sufficienti, Mario Rui ha dimostrato a questi malpensanti di essere un giocatore all'altezza delle ambizioni di una squadra che lotta per vincere lo scudetto. Un giocatore chiamato uomo diagonale, autore ieri di alcune chiusure decisive, da ultimo uomo, in fase difensiva. Un terzino, però,  anche di spinta, propositivo sulla fascia. L'avvocato Mario Colella, di cui mi onoro della sua amicizia, già conduttore di una trasmissione radiofonica Radio Napolista, decida un'ode al terzino portoghese del Napoli, diventato perno essenziale del Napoli di Spalletti.


Essere Mario Rui. Essere quello a cui non chiedono gli autografi a Dimaro. Essere il terzino che tutti vorrebbero sostituire ogni anno. Essere "il punto debole". Essere quello che ci fa ridere perché si butta subito nella mischia quando ci sono le mazzate come non aspettasse altro. Essere quello dallo sguardo del serial killer di un romanzo di Poe o di un film di Argento. Essere però quello che ci ha sempre messo più cuore. Essere quello che non ha mai messo da parte il carattere. Essere un combattente che non sarà mai ricordato. Essere quello che alla fine ne risente un po' ma se lo tiene dentro e va avanti. Essere il falegname. Essere salvezza e disastro. Essere un piccolo irriconosciuto  eroe in cui tutti possiamo riconoscerci di quell'inutile gioco che ci tiene distanti da ogni obbrobrio per 90 minuti.

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